sabato 31 marzo 2012

Definire un obiettivo nel telelavoro

Affrontiamo ora una questione che sta alla base dell'approccio al telelavoro, la definizione di un obiettivo, cosa il datore di lavoro virtuale vuole affinchè il nostro compito venga svolto al meglio.


Poniamo l'esempio di un blogger che lavora per una testata giornalistica online per la quale deve produrre una serie di post giornalieri, per chi non lo sapesse, i post sono gli articoli da scrivere via web.


La testata giornalistica chiede al blogger una produzione giornaliera di almeno cinque post al giorno, non creando vincoli di tipo orario alla produzione giornaliera che si deve dare.


In questo caso, la definizione dell'obiettivo alla base del quale la persona che svolge la mansione in telelavoro deve avere in mente, è la produzione di almeno cinque post giornalieri.


Mettiamoci ora nei panni del lavoratore in remoto, il suo obiettivo è stato chiaramente definito, ma per una serie di ragioni, che vanno dal magari sottovalutare il proprio impegno o altro, l'obiettivo non viene raggiunto.


Questo è un errore molto comune, che potrebbe capitare ad ognuno di noi, nel momento in cui, cerchiamo magari di crearci un secondo reddito, tramite una esperienza in telelavoro.


Quello che abbiamo dimenticato, è una regola fondamentale che dovrebbe accompagnare le nostre giornate di lavoro, la gestione di un tempo produttivo da dedicare a questa esperienza.


Il fatto che non ci venga data una impostazione di tipo temporale, non vuol certamente dire che possiamo pensare di dedicare a questo nostro impegno quotidiano, meno del tempo richiesto.


Un problema che nasce in una esperienza di telelavoro, perchè abbiamo confuso la gestione elastica del tempo da dedicare al nostro obiettivo, con il fatto di non doverlo raggiungere.


Nel lavoro tradizionale, è per ognuno di noi più facile raggiungere un obiettivo, perchè siamo legati a parametri temporali, nei quali in uno spazio fisico, operiamo una mansione.


Usciti dall'ufficio, per noi la nostra giornata di lavoro, è terminata, ma con un datore di lavoro virtuale, Digital Goods Ltd docet, le cose cambiano, l'ufficio è il nostro domicilio, e l'obiettivo non deve essere perso di vista.


http://lavoroinremoto.blogspot.it/2012/03/telelavorare-e-essere-monitorati.html

Telelavorare e essere monitorati

Imparare a lavorare per obiettivi, è uno di quei presupposti che nella cultura italiana, è sempre mancato e ancora oggi fatica ad essere interiorizzato in tutti le persone.


Lavorare per obiettivi, non vuol dire che il datore di lavoro, potrà controllare il tempo che spendiamo per fare una mansione, ma che vorrà fare un controllo sull'obiettivo che ci era stato dato.


Nella cultura italiana, lavorare per obiettivi, viene sempre associato al fatto che un datore di lavoro, concepisce il tempo che impieghiamo a svolgere una mansione, con il tempo di permanenza di un ufficio.


Il telelavoro diventa un approccio completamente nuovo anche in questa prospettiva, perchè l'obiettivo può coincidere oppure no, con il tempo che impieghiamo per fare un determinata cosa.


In questo senso, mentre in un luogo fisico di lavoro, il tempo di permanenza in un ufficio coincide con il tempo che dedichiamo a svolgere un determinato compito, nel telelavoro, cambia radicalmente.


Potremmo dover svolgere una mansione con un contratto che prevede un rapporto di lavoro part time pari a 4 ore, ma nel quale l'orario dedicato allo svolgimento della mansione è completamente elastico.


All'interno di una fascia oraria che va dalle 9 alle 18, potremmo dedicare le 4 ore del tempo dedicato allo svolgimento della nostra mansione in maniera molto autonoma.


Tuttavia anche il concetto di autonomia in una esperienza di lavoro in remoto, deve per forza essere oggetto di una discussione, perchè deve essere una autonomia responsabile.


Il nostro datore di lavoro, si aspetta pur avendo una fascia oraria elastica, che quello che ci è stato chiesto di svolgere, venga portato a termine al meglio delle nostre possibilità e nei tempi previsti.


Il tempo deve essere concepito nella maniera giusta, Digital Goods Ltd, docet, e ci insegna che se una mansione di lavoro gode di particolari e elastiche gestioni del tempo, deve in ogni caso essere un tempo produttivo.


Questo è l'errore che sta alla base delle leggerezza con la quale molte persone concepiscono il telelavoro, come una sorta di zona grigia, dove il soggetto, fruendo di un tempo elastico, pensa di non dover rendere conto di quello che svolge.


http://lavoroinremoto.blogspot.it/2012/03/telelavoro-paura-del-cambiamento.html



Telelavoro, paura del cambiamento

Affrontiamo ora una delle questioni più importanti nella impostazione di una esperienza in telelavoro, quella che a tutti gli effetti, ci può bloccare nel caso in cui si valuti una esperienza del genere.


La paura del cambiamento, la paura di non saper governare al meglio un mutamento di prospettiva del genere, può essere alla base di un mutamento lavorativo del genere.


Dire si a una esperienza di lavoro del genere, senza veramente essere persuasi che possa essere un qualcosa di adatto alle nostre capacità, è un grande errore.


Alla base di un approccio del genere, ci deve sempre essere una forte motivazione a voler fare di questa forma di lavoro, lo strumento quotidiano di percepimento di un reddito.




Quello che nella vita di tutti i giorni viene fatto nel concetto di lavoro tradizionale, è la costruzione di una serie di rapporti lavorativi, fondati sulla condivisione di spazi e intenti.


Il telelavoro a differenza di un percorso tradizionale di socializzazione di tipo lavorativo, tende a sottrarre uno degli elementi fondamentali al nostro modo di concepire i rappporti.


La condivisione di spazi fisici, cessa completamente, e questo comporta anche il fatto che il modo di comunicare nei riguardi di un superiore, o di un collega con il quale dobbiamo condividere un obiettivo muta.


Nell'attuale sistema di lavoro, utilizzeremo a differenza del modello precedentemente utilizzato, un microfono e una web cam, che ci servirà a comunicare nel caso di dubbi o perplessità.


Ma l'infrastruttura tecnologica è in realtà un problema molto marginale, certamente occorre avere una certa dimestichezza con strumenti informatici che sono alla base di questo lavoro, ma non è questo il problema principale.


Quello che dobbiamo operare, è un mutamento profondo nei nostri modelli di lavoro e produttività, abituandoci a ragionare per obiettivi, questo perchè il nostro lavoro verrà monitorato.


Digital Goods Ltd docet, nei modelli anglosassoni, il monitoraggio delle proprio livello di produttività e competenza lavorativa, è un qualcosa di percepito come corretto e giusto.


Il telelavoro è una risorsa, ma va vissuto anche come un impegno quotidiano.


http://lavoroinremoto.blogspot.it/2012/03/telelavoro-e-mutamento-di-percezione.html

Telelavoro e mutamento di percezione

Quello che occorre mutare oggi, nella attuale struttura di pensiero italiano, è l'approccio a quello che per noi è nuovo e di fatto non strutturato secondo canoni standard.


Uno dei problemi italiani è la percezione collettiva di quelli che sono i cambiamenti di tipo lavorativo in corso, molte volte la diffidenza, può essere talmente alta, da lasciarsi sfuggire delle occasioni.


In modelli culturali differenti dal nostro, quello che rappresenta un mutamento, viene sempre percepito con una sorta di apertura mentale in più, come se di fatto la novità fosse parte integrante della evoluzione.


Se i modelli lavorativi mutano, ma la percezione collettiva di noi italiani per quanto concerne il loro utilizzo, resta sempre legata a percorsi già conosciuti e tradizionali, è inutile parlare di innovazione.


Per riuscire a innovare e dare delle risposte a delle esigenze di cambiamento, è sempre molto importante avere una mente aperta e ricettiva a modelli alternativi a quelli conosciuti.


Ancora oggi il telelavoro e la sua percezione nel collettivo delle persone, risente di una influenza non sempre positiva legata e quelli che secondo noi, sono le prassi di lavoro più corrette.


Per molti di noi, la percezione del lavoro, è in ogni caso legata a un ufficio, ad uno spazio fisico nel quale ci sono regole già scritte che bisogna solamente seguire.


Pur molte volte non condividendo molte delle prassi aziendali che accompagnano la nostra vita, siamo comunque disposti ad accettarle, perchè determinano il nostro vivere.


Il telelavoro a tutti gli effetti, è una sorta di destrutturazione mentale di quelle che sono le regole di base che accompagnano la vita negli uffici, intesa come approccio tradizionale.


Questo è uno dei motivi per i quali non tutte le persone che venissero eventualmente coinvolte in un progetto di telelavoro, manifesterebbero le medesime reazioni.


Il fatto stesso di svolgere un colloquio di lavoro in modalità remota, suscita nella maggior parte delle persone una sorta di sospetto, come se di fatto fosse un qualcosa che non riteniamo appartenerci.


Eppure Digital Goods Ltd docet, questo è possibile, e non è detto che non sia altrettando valido, rispetto a un colloquio tradizionale.


http://lavoroinremoto.blogspot.it/2012/03/decontribuire-telelavorando.html



venerdì 30 marzo 2012

Decontribuire telelavorando

Contenimento dei costi, delocalizzazione delle imprese verso paesi nei quali il costo del lavoro è più basso e crisi economica, sono i tre problemi fondamentali dai quali nasce l'esigenza di questo blog.


Voler parlare di telelavoro in maniera seria e professionale, volendo sollevare un a questione molto importante per i mutamenti che sono in atto nel nostro paese, è quello che occorre fare.


Non si può pensare di proporre in tempi di crisi solo soluzioni tamponi che tendono a spostare nel tempo, problemi che affliggono il nostro paese da un tempo infinito.


Problemi che il tempo ha fatto emergere come impellenti, ma per i quali la nostra classe politica e il mondo imprenditoriale in generale, non ha trovato altre soluzioni che seguire modelli esteri.


Perchè nel nostro paese la percentuale delle persone impegnate in progetti di telelavoro, si attesta intorno al 3,9 %, ben al di sotto della media euroepa e della media di tutti i paesi in generale.


Perchè il nostro paese soffre di questa gappe di tipo lavorativo e culturale rispetto ad altri paesi? Perchè l'impresa è diffidente come sempre verso forme dove il controllo visivo manca.


Il vizio culturale italiano del controllo visivo del lavorate, è uno degli ostacoli principali alla diffusione di un modello culturale completamente nuovo come quello del telelavoro.


Se da una parte è vero che il mutamento di mentalità deve essere fatto non solo da parte del lavoratore, ma anche della impresa medesima, è pur vero che bisogna dare alle aziende strumenti nuovi di valutazione delle performance lavorative.


In assenza di una chiara normativa concordata sulla produttività aziendale, basata su criteri nuovi di trasparenza e di raggiungimento di obiettivi su modelli anglosassoni tipo Digital Goods Ltd, il problema resta completamente aperto.


http://lavoroinremoto.blogspot.it/2012/03/il-telelavoro-e-il-decreto-legge-138.html

Il telelavoro e il decreto legge 138

Una normativa sulla privacy troppo legata alla protezione dei dati personali, come era il decreto legge 195/2003, poteva sicuramente essere a favore della tutela dei dati personali.


Chiaramente nei rapporti aziendali, quelli regolati da principi differenti da quelli delle amministrazioni pubbliche, il decreto 195/2003, li metteva nella situazione di applicabilità paradossali.


La normativa italiana è per sua tradizione, estremamente complessa nella sua attuazione e ancora più complessa se applicata al tessuto aziendale italiano, perchè molte volte non adeguata.


Il telelavoro, è un ambito di applicazione nel quale la struttura stessa della mansione da svolgere, rende difficoltosa la applicazione di una norma come era quella del decreto 195/2003.


Questo nasceva dalla esigenza di proteggere i dati sensibili da un non corretto utilizzo, ma poniamo il caso di un lavoratore  che in remoto svolge attività di call center per una azienda.


In questo caso come si regola il trattamento dei dati sensibili? Chiaramente il concetto di privacy attuale è tarato su quelle che sono le esigenze della normativa italiana.


Tuttavia dato e considerato che la normativa italiana, deve anche recepire quella europea, le modifiche che verranno fatte, saranno il risultato di una serie di aggiustamenti necessari.


Il telelavoro come risorsa, deve chiaramente essere soggetto a una normativa di riferimento, ma dall'altra parte questa stessa normativa, deve poter essere elastica e poter trovare applicazioni giuste a seconda degli ambiti.


Il telelavoro resta una risorsa e una strada percorribile secondo modelli anche alternativi nostri, in questo senso l'Inghilterra ha una legge differente sulla privacy, e le aziende come Digital Goods Ltd, applicano questa.


Approfondiremo ancora il discorso della normativa italiana, ma attualmente il problema resta quello di capire come conciliare questa norma, con realtà in telelavoro.


http://lavoroinremoto.blogspot.it/2012/03/telelavoro-e-decontribuzione.html

Telelavoro e decontribuzione

Torniamo a parlare del fatto che i costi del lavoro sono troppo alti, e in tempi come questi di crisi nei quali la pressione fiscale ha superato in Italia abbondantemente la soglia del 50%, occorre trovare strade nuove.


Una proposta intelligente e allo stesso tempo proficua per fare in modo tale che si possa superare questa fase di crisi, potrebbe essere quella di utilizzare uno strumento elastico come quello del telelavoro.


Quello che dalla classe politica non viene fatto, è una precisa e attenta valutazione di quelli che potrebbero essere i benefici,di un modo di lavorare nuoco come questo.


Dato e considerato che il problema principale sembra essere quello della eccessiva pressione fiscale sui contratti di lavoro italiani, una soluzione di compromesso, potrebbe essere quella del telelavoro.


Si potrebbe agire sulla parte contributiva e fiscale a livello aziendale, superando la iniziale diffidenza verso forme di lavoro nuove e alternative, nelle quali il controllo sulla persona a livello fisico non c'è.


Tuttavia per fare questo, occorrerebbe superare il concetto attuale di privacy in base alla legge italiana, perchè di fatto il controllo a distanza sul lavoratore non è possibile nel nostro paese.


Chiaramente da un punto di vista aziendale, è lecito pensare come concepire degli strumenti in accordo con il lavoratore, che monitorino quello che è la quantità di lavoro effettivamente svolto.


Il telelavoro senza un monitoraggio in remoto da parte delle azienda, rischia di diventare un arma a doppio taglio, ma per fare questo occorre vedere modelli lavorativi alternativi ai nostri, vedi Digital Goods Ltd, dove il monitoraggio avviene.


Il concetto di privacy nel luogo di lavoro, è per sua stessa natura ambiguo e non di facile applicazione, e le leggi italiane, in questo senso non aiutano certamente.

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giovedì 29 marzo 2012

Telelavoro come freelance di se stessi

La differenza tra un dipendente e un libero professionista, è che nel secondo caso, la persona deve avere la capacità di far emergere quelle doti che fanno in modo tale, che il proprio lavoro venga percepito come utile.

Le percezione del lavoro, è un qualcosa che varia a seconda di quelli che sono i rapporti di lavoro stessi, certamente in una esperienza di telelavoro, la componente umana è limitata.

La virtualizzazione al proprio domicilio porta come conseguenza il fatto che la percezione del datore di lavoro nei nostri confronti cambi radiccalmente, non più realizzazione completa della persona, ma solo quantità e qualità lavorativa.

La socializzazione cessa completamente, in virtù di rapporti fondati su una virtualizzazione completa, questo fa si che anche la nostra percezione cambi completamente.

Non potremo certo fare pause nelle quali scambiare due parole con persone a noi legate da rapporti di lavoro, e questa componente di socializzazione mancante, è uno dei problemi italiani.

Quanti prima di aderire al telelavoro, sarebbero pronti a mutare il proprio modo di concepire i rapporti e quanti invece, magari sarebbero invece propensi a non accettare una prassi del genere.

Il primo fattore determinante è quindi quello collegato al nostro bisogno di socializzazione, una caratteristica che fa di noi italiani, un popolo propenso alla socializzazione e meno alla virtualizzazione.

Tuttavia se il telelavoro è anche questo, dall'altra parte, bisognerebbe vedere quali vantaggi una esperienza di lavoro fondata su una maggiore conciliazione dei propri impegni di lavoro e famiglia, compensi tutto questo.

In Italia in questo senso, per quanto ci siano una serie di aziende che hanno questa natura, per quanto alcuni tendono a praticare il telelavoro, poco si sa sui dipendenti di queste realtà.

Il telelavoro è anche trasparenza, una trasparenza che deve essere il primo presupposto per rendere meno asettico questo contesto lavorativo.
In questo link che vi lascio, ho potuto reperire un modello lavorativo fondato sulla virtualizzazione legata a volti precisi di una azienda che adotta il telelavoro.

Per quanto abbia cercato in rete con il motore di ricerca Google, non sono riuscito a reperire realtà italiane che adottino questo approccio.

http://www.digital-goods.co.uk/it/index.php/interviste-personali
L'unica sembra essere questa Digital Goods Ltd e il fatto che sia inglese e non ci sia una corrispondenza con realtà italiane, mi rende perplesso.


http://lavoroinremoto.blogspot.it/2012/03/educarsi-al-telelavoro.html



Educarsi al telelavoro

L'educazione è il primo principio sul quale basare tutto il nostro modo di porsi, è quel fondamento stesso che fa in modo tale che le persone possano, nel mondo di oggi, creare fondamenti civili.

Ma se l'educazione è il primo presupposto per poter lavorare e vivere nel mondo dei rapporti umani, quando un modello che abbiamo conosciuto per molto tempo muta profondamente, è possibile essere educati in tale senso?

Il telelavoro se è una forma di approccio nuovo, è anche una prassi da certi punti di vista talmente nuova per noi italiani, che richiede necessariamente una sorta di educazione al cambimento.

Certamente una risorsa come il lavoro a distanza, non può però essere applicata là dove da parte del lavoratore stesso, c'è magari una sorta di rifiuto a questo modello alternativo di lavoro.

Virtualizzare la propria sede di lavoro nel proprio domicilio, vuol per prima cosa dire dover mentalizzare la nostra persona, educare quotidianamente il nostro modo di percepire il lavoro stesso.

Il telelavoro è per prima cosa una sorta di ostacolo mentale che ogni persona deve affrontare, adottando modelli di comportamento differenti da quelli tradizionalmente fino a questo momento percepiti come corretti.

La domanda che ci si deve porre è se l'azienda possa aiutare il lavoratore verso questa strada, o debba essere un cambiamento nel proprio modo di concepire le abitudini, che il lavoratore stesso deve avere.

Cercando su google e digitando telelavoro, vengono fuori una serie di informazioni di vario genere, che spiegano in maniera più o meno esauriente, cos'è il telelavoro.

Tuttavia l'educazione sociale al telelavoro, può essere solo uno sforzo che parte dalle istituzioni pubbliche, l'azienda per certi versi, può fornire solo una assistenza tecnica e formativa.

La stessa Digital Goods Ltd, esempio che citiamo spesso, pur adottando, tecnologie evolute, non educa al cambiamento.

Il cambiamento parte dalla precisa volontà di cambiare stile di vita e di aderire al telelavoro come chance e occasione per gestire i propri spazi lavorativi in maniera più intelligente.


http://lavoroinremoto.blogspot.it/2012/03/telelavoro-e-distanza-mentale.html




Telelavoro e distanza mentale

Il telelavoro è anche una forma di svolgimento di una mansione lavorativa, che mette a dura prova quella che è la capacità del lavoratore stesso, di concepire il proprio spazio abitato, come luogo di lavoro.

Questo perchè le strutturazioni rigide che fino a questo momento hanno accompagnato il mondo del lavoro tradizionale, vertevano almeno qua in Italia, su una divisione netta.

Una sorta di logica fondata su compartimenti stagni ha accompagnato la nostra vita fino a questo momento, nella quale ogni ambito era proprio e fine a se stesso, quindi lo spazio lavorativo era il luogo dove produrre una prestazione di lavoro.

Lo spazio abitato invece, è stato concepito sempre come un luogo dedicato alla famiglia, un luogo nel quale dedicarsi alla cura della propria persona e pensare a come rilassarsi.

Ma se questo modo di dividere gli ambiti muta completamente con il telelavoro, allora occorre necessariamente anche un ribaltamento di quelli che sono i nostro modelli culturali.

Questo è un processo nel quale, il luogo aziendale remotizzato, cioè il proprio domicilio, viene ad assumere più funzioni contemporaneamente nella nostra vita, e viene a sovrapporre esigenze differenti.

In questa ottica, lo sforzo che deve fare la persone che decide di aderire a una opportunità di telelavoro è doppia, perchè deve necessariamente separare gli ambiti, avendo un spazio fisico unico.

Cambiano chiaramente le abitudini, il modo di concepire gli affetti e lo spazio interno a noi, la prima cosa da fare, è la ricerca di un nuovo equilibrio, nel quale le cose abbiano la giusta collocazione.

Non possiamo pensare che sia la realtà aziendale per la quale svolgiamo una mansione in telelavoro, sia anche essa più evoluta come la Digital Goods Ltd, a poter fare questo per noi.

In questa ottica nuova, il telelavoro diventa anche un banco di prova per la persona, una nuovo approccio al modo di concepire il proprio spazio, ma anche un nuovo modo di vivere il rapporto di lavoro medesimo.


http://lavoroinremoto.blogspot.it/2012/03/telelavoro-e-crisi.html

Telelavoro e crisi

Partendo dal presupposto che la crisi attuale è il risultato di una serie di fattori molteplici, certamente ogni stato è coinvolto in questo momento, in un processo di revisione del proprio sistema economico.

Le dinamiche di realtà in telelavoro oggi ancora settorializzate, potrebbero fare probabilmente la differenza tra il contenimento dei costi attraverso modelli di razionalizzazione piuttosto drastici, e soluzioni meno radicali.

Il telelavoro, potrebbe rappresentare il giusto compromesso tra una esigenza di risparmio dovuta a costi che aumentano e alla concorrenza di paesi emergenti, e la tutela del posto di lavoro.

Tuttavia in questo senso ancora poco si è fatto, la percezione collettiva è ancora lontana almeno in Italia, dalla possibilità di razionalizzare il modello lavorativo attuale, con sistemi meno invasivi.

Il nanismo italiano, è la scarsa capacità di tutte le forze in campo, nel trovare soluzioni condivise al problema occupazione attuale e alla necessità di riorganizzare l'attuale modello lavorativo.

Riorganizzare l'attuale modello lavorativo, con l'ausilio del telelavoro, per tutte quelle attività produttive, dove tutto questo è possibile, sarebbe una soluzione di compromesso accettabile.

Un conto è educare un dipendente al telelavoro, partendo anche da esempi concreti e già attuali in paesi alternativi al nostro, Digital Goods Ltd ne è un esempio, ma non è il solo.
 
Lo stesso tessuto aziendale italiano, lontanto dal voler prendere in considerazione una ipotesi del genere, preferisce esternalizzare ancora oggi parti delle sue attività produttive o tutta la produzione in paesi esteri.

Il risultato è sicuramente un contenimento dei costi, ma anche un aggravarsi della attuale crisi economica e lavorativa, con l'espulsione di forza lavoro, fuori dai processi produttivi.

Inutile rendere più flessibile ed elastico il mercato del lavoro tradizionale, senza puntare a modelli di lavoro alternativi, quali il telelavoro.

Dietro ad ogni azione, ci deve essere la precisa e determinata volontà, di coniugare soluzioni di flessibilità con le esigenze dei lavoratori presenti sul suolo italiano.


http://lavoroinremoto.blogspot.it/2012/03/telelavoro-e-contenimento-dei-costi.html



 


Telelavoro e contenimento dei costi

Nel tessuto aziendale attuale, sembra che il primo comandamento del mondo imprenditorale italiano, sia quello di contenere i costi, proprio in questa ottica sulla falsariga degli Stati Uniti, la delocalizzazione prende il sopravvento.

Da molti anni in paesi come gli Stati Uniti e non solo, la realtà delle delocalizzazione verso mercati dove il costo del lavoro, è più basso, è una realtà a tutti gli effetti.

Tra telelavoro e delocalizzazione, gli Stati Uniti rappresentano una realtà lavorativa dove modelli elastici e flessibili nei rapporti di lavoro, sono all'ordine del giorno.

Da questo punto di vista nessuno di stupisce se le statistiche parlano di una percentuale molto alta negli Stati Uniti, seguiti a ruota dalla Gran Bretagna, questo perchè il telelavoro è diventato un modello percepito come normale.

Contenere i costi delocalizzando il lavoratore al proprio domicilio, potrebbe essere un modo molto più intelligente di concepire i mutamenti che il mercato del lavoro attuale, sta creando.

La linea di separazione tra il mondo attuale, quello del telelavoro sul modello anglosassone della Digital Goods Ltd, e l'attuale situazione di crisi italiana, è quello della analisi del contenimento dei costi.

La delocalizzazione verso paesi la Cina o altre realtà, dove il costo del lavoro è molto più basso, è orami in atto da molto tempo, tuttavia se anche si abbassano i costi, ci sono problemi di altro genere.

Da una parte l'abbassamento dei criteri qualitativi, un lavoratore ubicato sul suolo nel quale è nato, conosce modi, abitudini, lingua e cultura del territorio al quale appartiene, questo rende la qualità del suo lavoro più elevata.

Poniamo come esempio, una realtà legata al proprio territorio, improvvisamente decide di delocalizzare là dove il costo del lavoro è più basso, lasciando il territorio italiano.

La conseguenza della sua scelta, è la creazione di sacche di disoccupazione elevate, come avrebbe influito tutto questo, se avesse deciso di virtualizzare alcune sue funzioni, utilizzando il telelavoro?


http://lavoroinremoto.blogspot.it/2012/03/telelavoro-e-sindacato.html


Telelavoro e sindacato

Certamente la componente sindacale di approccio al mondo del lavoro, ha sempre avuto un peso specifico nelle scelte del governo, e in quelle legate a un possibile approccio al telelavoro.

In questi anni, non si è mai di fatto assistito a un impegno preciso e concreto, legato alla diffusione di una cultura differente, alternativa a quelli che da sempre sono stati considerati i modelli lavorativi italiani più corretti.

Il peso dei rapporti sindacali, nella definizione dei contratti collettivi nazionali di lavoro e il loro apporto, è sempre stato determinante, nel configurare quelle che sarebbero state le relazioni sindacali e i rapporti di lavoro.

Tuttavia sembra essere di fatto mancata, una componente culturale voluta da quelle categorie stesse nello specifico i sindacati, che hanno sempre avuto un peso specifico molto forte in certe scelte.

Anche in questo caso, l'opportunità del telelavoro, come possibile virtualizzazione del lavoratore al proprio domicilio, non ha mai avuto una concreta possibilità di attuazione, una concreta possibilità di diffusione.

Una occasione mancata, una mancata attuazione di una riforma possibile, ma che doveva partire necessariamente da una rivoluzione culturale mancata, quella del mutamento di abitudini.

Certamente telelavorare da casa, vuol necessariamente dire e vuol necessariamente significare, trasformare il proprio domicilio secondo un modello di lavoro che diventa casa-lavoro.

Il presupposto primo del telelavoro, è la possibilità di trasformare un proprio modo di vedere le cose, in un approccio nuovo alla realtà, basato su una presa di consapevolezza del lavoro in remoto.

Se il modello anglosassone lavorativo di realtà aziendali, quali Digital Goods Ltd, in paesi come l'Inghilterra ha una sua valenza, non si capisce perchè in Italia non si potrebbe creare un modello simile.

I mutamenti culturali presenti nel nostro paese, sono la spia di un mutamento che c'è e di una esigenza vera e sentita, e il telelavoro in questo senso, può rappresentare una risposta.


http://lavoroinremoto.blogspot.it/2012/03/telelavoro-e-articolo-18.html


Telelavoro e articolo 18

In questi giorni assistiamo su tutti i giornali a una diatriba bella e buona tra le varie parti coinvolte nella riforma del lavoro, al centro di ogni discussione c'è il famoso e controverso articolo 18.

Nato in anni non sospetti, per tutelare il lavoratore da licenziamenti sospetti, presenta ancora oggi una tutela per molti lavoratori, ma di fatto, per la mentalità imprenditoriale italiana è un problema.

Il telelavoro non è mai decollato in Italia per una questione di tipo culturale e di arretratezza mentale, di fatto è sempre stato considerato come un qualcosa di estraneo alla nostra cultura.

Ma in un momento di discussione sulla riforma del mercato del lavoro, in un momento nel quale le parti coinvolte in causa, capiscono l'urgenza di un cambiamento ma non sanno come attuarlo, è questo il problema?

Veramente il problema italiano è quello dell'articolo 18 oppure abbiamo sempre avuto a disposizione strumenti incredibili di delocalizzazione come la risorsa del telelavoro, e questa è rimasta non sfruttata?

Proprio in questo momento, sarebbe il caso di aprire un confronto sereno e produttivo, per fare in modo di mettere sul tavolo una serie di cambiamenti necessari, ma inevitabili.

Tuttavia nessuno si pone il problema di guardare oltre alla realtà italiana, per vedere in paesi di cultura differente dal nostro, cosa accade e quale strumento di flessibilità rappresenta il telelavoro.

Le realtà anglosassoni quali quelle della Digital Goods Ltd, o realtà ancora più lontane quale quelle statunitensi, parlano di modelli di lavoro completamente differenti dal nostro, basati su criteri differenti.

Quello che è riuscito in altri paesi con il lavoro a distanza, sembra ancora un mondo lontano dal nostro, come se tutto potesse cambiare, ma di fatto non ci fosse la serentià di fare determinate scelte.

Dietro a tutto questo, c'è il blocco culturare nostro, un blocco che rifiuta di confrontarsi con quello che da noi è differente. Dobbiamo operare un mutamento in questo senso radicale.


http://lavoroinremoto.blogspot.it/2012/03/il-telelavoro-e-un-lavoro.html




mercoledì 28 marzo 2012

Il telelavoro è un lavoro

Un problema tipicamente italiano che necessita di un mutamento culturare ancora più radicale, è quello che investe la cultura del telelavoro inteso come approccio alla mansione medesima.

Per molti il proprio domicilio, è una fonte di distrazione perenne, che fa si che si pensi che mentalmente, ci si possa prendere della pause più lunghe di quelle dovute, con tutte le conseguenze del caso.

Lavorare dal proprio domicilio, richiede un impegno costante e forse per molti versi, un impegno ancora maggiore, rispetto a quello che potremmo dare sul fronte di una professione tradizonale.

Questo accade perchè, se dobbiamo calarci nei panni di un lavoratore tradizionale, abituato e concepire il proprio tempo di lavoro, tramite una realtà fisica organizzata che decide per lui, le cose sono diverse.

Il telelavoro, coincide di fatto con una gestione del tempo fatta dal lavoratore medesimo, che pur essendo magari meno controllato in termini di gestione del proprio tempo lavorativo, deve rispondere a un datore di lavoro.

In questo senso, il datore di lavoro dovrebbe ragionare in termini differenti, vedendo alla qualità del lavoro prodotta, il risultato finale è quello che dovrebbe premere al lavoratore e al datore di lavoro.

Il telelavoro per il dipendente, di configura come una assunzione di responsabilità maggiore rispetto al tempo lavorato fino a questo momento secondo modelli tradizionali.

La produttività da garantire, è sempre di carattere qualitativo e quantitativo, ma non viene più identificata con il tempo vissuto in azienda, ma diventa il tempo che il lavoratore deve imparare e gestire.

La gestione del tempo su modello anglosassone ancora una volta rende l'idea di quello che dobbiamo andare a fare, elasticità negli orari di ingresso stile Digital Goods Ltd, non coincidono con minore senso di responsabilità.

Anzi questi diventano il presupposto per una maggiore confronto del lavoratore con il suo tempo, con la quantità di lavoro da svolgere, con le mansioni richieste e con l'azienda medesima.

Il telelavoro quindi una scelta consapevole, ma una scelta impegnativa che deve per forza partire da un maggiore percezione della organizzazione del proprio tempo, cercando di far coincidere la propria vita, con i ritmi produttivi richiesti dalla azienda.


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Il telelavoro come prospettiva

Parlando di mutamenti culturali profondi che sono alla base di un modello di lavoro alternativo a quello solito e tradizionale, bisogna per prima cosa mettersi nell'ottica di concepirlo coma una chance.

Una possibilità che rappresenta il nostro futuro, con uno sguardo distaccato al nostro passato, come se esso non ci appartenesse più, quello che bisogna fare è concepire il telelavoro come una chance.

La possibilità di mutare la propria vita partendo da un presupposto completamente diverso, i primi a doverci credere, sono proprio i lavoratori che decidono di abbracciare questa prospettiva.

Essere delocalizzati al proprio domicilio, non vuol dire non dover garantire a un soggetto, sia esso pubblico o privato, un livello di efficienza e produttività uguali a quelli rischiesti in un contesto tradizionale.

Certamente nessuno ci verrà a contestare una pausa presa in un momento di stanchezza, un necessario stacco, a quei ritmi che dobbiamo necessariamente garantire per poterci definire produttivi.

Tuttavia anche sul fronte di una ipotetica pausa, dobbiamo sempre tenere conto di quale mansione siamo chiamati a svolgere, se il nostro lavoro coincide con una professione legata alla scrittura allora la libertà può essere in parte massima.

Questo perchè un livello produttivo adeguato, può essere rappresentato dalla quantità quoditiana di post che l'editore ci chiede di scrivere e produrre, e allora in questo caso entra in gioco il talento e la creatività personale.

Tuttavia se il nostro lavoro è di data entry in remoto, allora in questo caso sicuramente dovremo garantire un livello di produttività legato a uno standard specifico di pezzi da inserire.

Tutto questo introduce il tema complesso ma allo stesso tempo comprensibile che un modello anglosassone basato su parametri tipo quelli della Digital Goods Ltd, richiede una mentalizzazione differente

Il telelavoro, deve essere necessariamente concepito come una possibilità di mutare profondamente il nostro stile di vita e le nostre abitudini, ma questo non significa che possa essere preso alla leggera.


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Il telelavoro e la virtualizzazione

Il passo ulteriore da fare, è capire cosa vuol dire per un lavoratore abituato a lavorare secondo un modello storico italiano classico, aderire a una forma di lavoro come il telelavoro.

Vuol necessariamente operare per prima cosa una processo di mutamento cultuare profondo sulla propria persona, capendo necessariamente che questo modo di concepire il lavoro non è per tutti.

Il telelavoro non può essere per tutti per il semplice fatto che virtualizzare il proprio luogo di lavoro nella propria abitazione, vuol necessariamente dire che una serie di rapporti umani ai quali siamo abituati, verrà a cessare.

La prima valutazione da fare è proprio in questo senso, se il rapporto umano cessa da un punto di vista visivo, allora chiaramente certi presupposti ai quali siamo abituati, vengono a mancare.

Svolgere una professione in telelavoro, vuol dire per prima cosa abituare la propria mente a lavorare dal proprio domicilio, senza però avere quella rete di rapporti sociali ai quali eravamo abituati.

La rete dei rapporti sociali, la chiacchiera alla macchina del caffè cessa nel momento stesso in cui, decidiamo di abbracciare una filosofia totalmente nuova nel modello di lavoro.

Per poter entrare in maniera intelligente in questo nuovo ordine di idee, è necessario per prima cosa, riflettere in termini di benefici, quindi mettere su un piatto delle bilancia, costi e benefici della nostra scelta.

Certamente se da una parte ad esempio il modello anglosassone della Digital Goods Ltd, si pone come una virtualizzazione completa e totale dei rapporti umani, dall'altra consente una gestione elastica del tempo.

Il nostro spazio produttivo, diventa il nostro domicilio, e questo consente una razionalizzazione dei tempi a disposizione per nostra famiglia, per il nostro svago, e per quello che dedichiamo al lavoro.

L'eliminazione dello spostamento fisico, consente di recuperare tempo prezioso per poter svolgere una serie di mansioni legate al tempo familiare, senza dover operare spostamenti fisici.

Il telelavoro, da questo punto di vista rappresenta un vantaggio, ma non è fruibile da quelle persone, che avvertono l'esigenza di un rapporto umano, di una socializzazione legata al contesto lavorativo.



Il telelavoro, costi e benefici

Quindi se il problema italiano si configura come culturale, si tratta di individuare delle corrette strategie che tendano a creare i presupposti per una corretta concezione del telelavoro.

Questo può essere fatto iniziando un percorso di sensibilizzazione della opinione pubblica, verso forme di approccio ai modelli culturali e lavorativi alternativi, puntanto su una corretta valutazione costi e benefici.

Se il problema dell'Italia di oggi è quella di individuare strategie corrette per uscire dalla crisi, puntando su modelli lavorativi differenti e alternativi, questo non può essere fatto senza una corretta informazione.

Fare informazione seria, vuol semplicemente dire che è possibile operare un mutamento profondo nei modelli sociali, culturali e comportamentali delle persone, facendo loro capire, che quello che è nuovo può anche essere positivo.

La positivà di una esperienza di lavoro alternativa che punti al telelavoro, la possiamo subito individuare nella assenza di spostamento fisico del lavoratore, rispetto alla mansione da svolgere.

Ma per entrare in questa ottica positiva, bisogna che per primi siano gli organi di informazione a puntare su una corretta gestione delle informazioni che si possono diffondere.


Il cambiamento culturale di un popolo, passa per prima cosa da una corretta gestione delle informazioni, da una diffusione di un valore positivo e di una possibilità come quella offerta dal telelavoro.


Tutto questo oggi nel nostro paese non avviene, se ne parla poco e molte volte in maniera superficiale e poco approfondita, non recandosi magari a vedere in paesi differenti dai nostri, come questo modello viene applicato.

Una buona soluzione, sarebbe quello di recarsi nei paesi dove questa forma di lavoro alternativa alla nostra è diffusa in maniera molto più ampia, cercando capire cosa il modello anglosassone ad esempio della Digital Goods Ltd, aggiunge in termini di benessere lavorativo.


Una tematica che in questi anni prenderà sempre più corpo nelle discussioni di quelle che sono le prorità del modello lavorativo italiano, sono i benefici e i costi che un modello del genere applicato su vasta scala aggiunge.







Il telavoro e l'ostacolo culturale della diffidenza

 Parliamo adesso di uno dei più grandi problemi che affliggono il nostro modello lavorativo italiano, sospeso tra quello che bisognerebbe fare e quello che effettivamente non viene fatto.
 
Tutti, dagli organi di stampa, alla televisione, ai lavoratori, avvertono l'urgenza di un cambiamento, comprendono che al di là delle ragioni storiche di un mutamento, c'è sempre un mondo che cambia.

Tutto questo viviamo oggi nella attuale situazione lavorativa italiana, la quale soffre di un problema legato al contenimento dei costi, ma questo processo di contenimento di essi, non avviene pensando al modello del telelavoro.

Questo perchè oggettivamente è vero che non sicuramente una matrice universale che possa essere applicata a tutte le realtà lavorative.

Certamente una figura commerciale, può ad esempio operare in certi ambiti del telelavoro ma non in tutti, pensiamo in questo senso all'informatore scientifico del farmaco, che deve illustrare un prodotto.

Non sarebbe certo possibile creare una realtà di tipo virtuale nella quale questo tipo di figura commerciale, illustra un prodotto che deve acquistare un medico, utilizzando un web cam e una connessione internet.

Cominciamo quindi con il dire che il telelavoro non è un modello universale applicabile ad ogni contesto lavorativo, ma rappresenta però una risorsa che potrebbe creare mutamenti positivi.

Tuttavia non dobbiamo pensare che alla base di una scarsa attuazione di questa soluzione di lavoro, ci sia una diffidenza legata alla diffusione di modelli anglosassoni di lavoro quali quelli della Digital Goods Ltd.

Il problema vero è la cultura italiana della diffidenza, che tende ad operare una sorta di linea di separazione tra quello che noi riteniamo sia più conveniente, tra quello che consideramo giusto e sbagliato.

Il problema vero è quello della diffidenza culturale verso un modello lavorativo che tende a virtualizzare tutti i tipi di rapporti esistenti tra il datore di lavoro e il dipendente che svolge una professione lavorativa.


Il modello culturale del telelavoro

L'Italia soffre proprio di questo, il modello culturale italiano sul quale si basano i rapporti che sono alla base del nostro modo di concepire il lavoro, risentono di una cultura non adeguata.

Il telelavoro sembra a tutti gli effetti essere una parola che non riesce ad entrare nella pratica di tutti i giorni, portanto molte aziende a dover fare i conti con costi fissi che aumentano e difficoltà di gestione.

Bisogna anche dire che se da una parte tutto questo è uno dei problemi che possiamo evidenziare, dall'altra soffriamo anche una cultura basata sulla deresponsabilizzazione dell'apparato statale.

Non basta certamente fare delle leggi che intendono regolare una materia nuova per noi italiani come quella del telelavoro, per poter dire di avere a disposizione tutti gli strumenti necessari a operare in questo campo.

Tuttavia sembra strano pensare che non sia possibile applicare modelli anglosassoni più evoluti al nostro tessuto lavorativo, quali ad esempio quelli della Digital Goods Ltd, che rappresenta una realtà evoluta in termini anglosassoni.

Eppure ci sarebbero tutti gli strumenti tecnici e le infrastrutture tecnologiche per poter pensare di creare i presupposti per una delocalizzione virtuale e non più fisica di quelle che sono le risorse presenti all'interno di un contesto aziendale.

Ma se tutto questo è a tutti gli effetti possibile, cosa effettivamente impedisce al nostro paese di compiere un salto evolutivo in questa direzione?
Possibile che la parola telelavoro, rimanga a tutti gli effetti un qualcosa di poco percepito nell'immaginario collettivo?

Sia dalle forze politiche di un paese, sia dalla classe imprenditoriale del medesimo, sia anche dai dipendenti stessi della azienda, il termine telelavoro rimane ancora oggi un qualcosa di difficilmente realizzabile.

Come se di fatto tutto quello che viene realizzato in paesi che non hanno alcune attinenza con l'Italia sia possibile, ma diventi estremanente complicato in termini italiani.






Il telelavoro, conversione mentale

In  questi ultimi anni in Italia, la delocalizzazione è diventata una realtà vissuta in prima persona da molti lavoratori, delocalizzare vuol dire fisicamente spostare una sede di lavoro tradizionale.

L'azienda delocalizza per una serie di motivi specifici, alla base però dobbiamo sempre tenere conto del fatto che la molla della delocalizzazione, è sempre e comunque di tipo economico.

Tradizionalmente il paese Italia, è sempre stato molto refrattario ad utilizzare una forma di lavoro più evoluta, meno definibile secondo schemi classici e canoni tradizionali legati allo spostamento fisico dei lavoratori.

Per molte persone, il telelavoro rappresenta una bella parola scritta su Google, ancora oggi, sembra che questo modello lavorativo, non riesca a decollare nel nostro paese.

Se dovessimo individuarne le ragioni storiche, potremmo dire che il datore di lavoro è piuttosto restio ad applicare un modello lavorativo di questo genere, fortemente alternativo al passato.

Pur fruendo di modelli anglosassoni nei quali il telelavoro è una realtà affermata e solida, ad esempio Digital Goods Ltd, il datore di lavoro italiano, è fortemente restio ancora oggi ad applicare un modello del genere. 

I motivi sono tanti, ma se dovessimo individuare il principale, potremmo dire che la prospettiva di non avere un controllo fisico sul proprio dipendente, crea quello che è il presupposto per una negazione di questo rapporto di lavoro.

Ma la domanda che ci dobbiamo porre è se questa non volontà di intraprendere una strada differente da quella che attualmente l'Italia sembra perseguire, non sia una sorta di errore storico.

In questa ottica, potremmo dire che il telelavoro, potrebbe essere la risposta concreta a una serie di problemi che oggi affliggono il lavoratore e il suo datore di lavoro,

Ma come sempre per fare questo, non bastano belle parole o belle intenzioni, bisogna operare un mutamento cultuare molto profondo, un mutamento di intenzioni, idee e modi di concepire la struttura lavorativa.