martedì 1 maggio 2012

Telelavoro e vertici aziendali

Un male tipicamente diffuso nelle aziende italiane, è quello legato alla scarsa partecipazione che un dipendente magari ha nelle decisioni legate a progetti, evoluzioni e scelte.


Questo perchè di fatto il mondo aziendale italiano perchè quello conosciamo, tende a concepire l'idea come completo appannaggio di un piccolo gruppo di persone delegate e gestire.






Il telelavoro proposto da un dipendente, è magari concepito come un capriccio del dipendente stesso, nei confronti della sua figura professionale, o magari è un problema di tipo differente.


In una azienda c'è una scala interna di priorità legata al tessuto aziendale medesimo, e ovviamente la prima priorità è fare in modo tale che ci sia il massimo profitto con il minimo della spesa.




Il telelavoro essendo un modello di fatto legato a una sorta di riorganizzazione del modo di lavorare e comunicare della azienda stessa, richiede chiaramente una sorta di ripensamento.


Un vertice aziendale, molte volte stretto dalle necessità di un fatturato che deve essere mantenuto a certi livelli, abituato a gestire le priorità in ordine di tipo economico, può accogliere tiepidamente questa richiesta.


Il telelavoro deve essere per prima cosa un modello che parte dal vertice aziendale e poi di fatto si trasmette ai livelli più bassi della catena di comando, altrimenti resta a tutti gli effetti una idea.


Molte volte in questi anni non si è presa questa direzione per il semplice fatto che l'azienda ha ragionato in termini di benefici e costi o magari ancora ipotesi più probabile non ha proprio ragionato.


Perchè il telelavoro è un modello più difficile da applicare in quelle realtà nelle quali la strutturazione interna si è basata per anni su un certo modello sempre uguale, e non bastano certo strutture più evolute quali Digital Goods Ltd a mutare questo.

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