sabato 19 maggio 2012

Telelavoro e handicap mentale

Ma se le tecnologie consentono di poter portare avanti un discorso legato al telelavoro e diffuso in maniera capillare sul territorio italiano, a questo punto bisogna capire cosa impedisce la sua realizzazione.


Se si tratta di un discorso culturale legato alla dimensione stessa del lavoro sul nostro suolo e legato a sua volta a una dimensione del lavoro costruita su basi di tipo tradizionale, bisogna fare una riflessione.






Il fatto di avere un dipendente che fisicamente può essere controllato in ogni suo movimento, non vuol dire necessariamente che questo porti a una gestione del lavoro produttiva.


Il lavoro veramente produttivo, coincide con una visione delle cose nelle quali si è stimolati a voler dare le basi per una assunzione meritocratica di responsabilità a tutti gli effetti.


Il telelavoro pone il lavoratore nella condizione stessa nella quale dovendo garantire un adeguato livello produttivo, sarà lui stesso a cercare di portare avanti un discorso legato alla produttività.


Il problema della aziende, è quello di cercare di combattere quella che è l'assenza di produttività, con un controllo visivo nel quale il dipendente di senta sotto pressione.


In realtà in questo senso, si possono adottare una serie di misure di vario genere, volte ad aumentare il controllo visivo che è alla base di quello che è la filosofia del controllo.


Ma di fatto questo non garantisce una adeguato livello di produttività così come magari l'azienda si attende da un modello lavorativo del genere, questo perchè non si motiva una persona a lavorare con il controllo.


Il telelavoro a la sua non applicazione, rappresenta da parte di chi decide di non volerlo applicare per questi motivi, una sorta di limite mentale a un modello che invece potrebbe offrire molto in termini di aumento della produttività.


Questo anche sulla base di modelli maggiormente evoluti quali Digital Goods Ltd.

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