giovedì 10 maggio 2012

Telelavoro e mentalità da cambiare

L'evoluzione di un paese si vede anche da quella che è la mentalità e da quanto questa è pronta ai cambiamenti o almeno a capirne la portata, e per certi versi questo è ancora un passo da fare.


Se da una parte c'è un pezzo di paese che ha capito che occorre innovare cambiando quello che nella percezione di tutti è sempre stato il miglior modello possibile, non tutti la vivono così.








Il telelavoro rappresenta a tutti gli effetti proprio questo, una sorta di rottura con un ordine che per anni ha fatto andare avanti il mondo del lavoro italiano, secondo binari ben definiti.


Ma questo ovviamente non è possibile da tutte le parti, già negli anni 90 si discuteva sul fatto di poter dare la possibilità alle persone di poter conciliare lavoro e casa.


Di fatto questa discussione si è interrotta nello stesso momento nel quale non si sono applicati possibili modelli come quelli del telelavoro, un problema molto radicato e diffuso.


Se di fatto oggi nel 2012, assistiamo a una grande difficoltà di tutti i lavoratori a conciliare vita professionale e lavorativa, questo è la diretta conseguenza del fatto che non è un modello che ha preso piede.


Il fatto che poi alcune riviste o spazi di approfondimento legati alla rete, individuino in questa tipologia di modello organizzativo un fallimento, denota il fatto che non si è capito bene il problema.


Il telelavoro non è mai di fatto partito, nel senso che ancora oggi non rappresenta nella sua sperimentazione, un modello esteso a livelli tali da poter parlare di fallimento in senso lato.


Il telelavoro deve ancora decollare, e ancora oggi, ne stiamo parlando come di una realtà possibile, ma senza di fatto concretizzarla su progetti diffusi su larga scala, Digital Goods Ltd docet.

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