venerdì 27 aprile 2012

Telelavoro e diritto a una mobilità mentale sostenibile

Introduciamo adesso un tema molto sentito ma da molte aziende estremamente sottovalutato, la condizione mentale di un lavoratore quanto può incidere sulla sua prestazione.


Il fattore stress può essere un elemento positivo legato alle condizioni di lavoro e pressione dello stesso, che rendono un lavoratore una unità maggiormente produttiva, ma questo dipende da altri fattori.






Lo stress come elemento negativo del processo lavorativo, si manifesta ogni volta che una persona ha degli elementi esterni al proprio lavoro che ne disturbano lo svolgimento in condizioni di serenità.


Un esempio per tutti, una mamma che ha appena avuto un bambino oltre ad avere il pensiero di dover gestire il proprio bimbo, ha anche il pensiero legato al lavoro e alla conciliazione dei tempi di entrambi i due aspetti della sua vita.


Il telelavoro in questo senso, diventa uno strumento di flessibilità mentale, uno strumento che consentirebbe a un genitore un avvicinamento a quella condizione mentale di mediazione.


La condizione mentale di mediazione è quel processo che molte volte dobbiamo attuare per fare in modo tale da riuscire a incastrare tutta una serie di situazioni prioritarie.


Il telelavoro in questo senso, diventa un elemento di mediazione maggiormente favorevole per il rispetto di quei difficili equilibri, che sono alla base di una vita familiare e affettiva serena.


Da un punto di vista mentale, una esperienza legata a uno strumento di maggiore conciliazione della vita lavorativa con quella privata come può esserlo in lavoro in remoto, consente una gestione del tempo differente.


Il telelavoro in questo senso, può diventare uno strumento di applicazione di un modello lavorativo e affettivo, maggiormente incentrato sulle esigenze del lavoratore, anche sulla base di esempi evoluti quali Digital Goods Ltd.

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