lunedì 23 aprile 2012

Telelavoro e modello di contrattualistica collettiva

Allora a questo punto, bisogna capire come applicare eventualmente un modello contrattualistica collettiva, che sia una sorta di integrazione a quello nazionale, e dia al lavoratore strumenti di tutela.


Ma la tutela non può essere percepita a senso unico, nel senso che se da una parte deve essere uno strumento che deve consentire alla persona che aderisce al telelavoro, di veder riconosciuta la propria prestazione, dall'altra, c'è l'azienda.






Lo stesso contesto aziendale, che decide di proporre un modello lavorativo come quello del telelavoro, deve avere degli strumenti che facciano in modo tale di poter premiare un lavoratore particolarmente motivato.


Oltre a questo, a seconda del settore nel quale si decide di adottare il telelavoro, c'è anche l'esigenza di tradurre questo accordo integrativo, in uno strumento che tenga conto dei picchi produttivi.


Se il telelavoratore decide in una giornata non definita lavorativa, di portare avanti un picco di lavoro che lo costringerebbe a straordinari durante tutta la settimana, allora deve poter contare su uno strumento di legge flessibile.


Proprio in questo senso, lo strumento della contrattazione collettiva nazionale, può diventare un'arma a doppio taglio, perchè da una parte tutela il lavoratore, non facendolo uscire dai circuiti classici, dall'altra manca decisamente di flessibilità.


In questo senso, i percorsi devono essere pensati in funzione di un modello lavorativo nuovo per sua natura, e per questo non concepibile solo ed esclusivamente secondo binari tradizionali.


Il telelavoro è indubbiamente una risorsa, ma deve essere anche pensato uno strumento normativo adeguato a un modello lavorativo di tale genere, altrimenti diventa problematica la sua applicazione.


Anche in questo senso, modelli anglosassoni come quelli della Digital Goods Ltd, fanno riflettere, presentando una normativa non italiana, molto più elastica e flessibile.



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